Politica più sfiduciata. Ma le (buone) imprese no

È in atto tra gli italiani un “transfer” di fiducia dalle istituzioni verso i protagonisti dell’economia reale 

A quindici giorni dal voto, la fiducia degli italiani nella politica e nelle istituzioni continua a diminuire inesorabilmente. Lo testimoniano una serie di segnali, tra cui la notevole “resilienza elettorale” del Movimento 5 Stelle (che rappresenta ancora il voto anti-casta per eccellenza) agli scandali degli ultimi giorni e la percentuale mai così alta di elettori che al momento pensano di disertare le urne.

Lo certifica inoltre – con la forza di un articolato benchmark tra i cittadini d’ogni angolo del mondo – l’Edelman TrustBarometer, la più importante indagine globale sul tema della fiducia, realizzata dall’agenzia Edelman in 28 Paesi su un campione di 33.000 persone. L’indagine rivela una generale e crescente sfiducia da parte dei cittadini nei confronti della politica e dei media: un fenomeno che ha colpito negli ultimi anni l’intero mondo avanzato e che, quest’anno, conosce picchi drammatici negli Stati Uniti. Subito dopo – in questa triste classifica della sfiducia galoppante – si colloca purtroppo l’Italia. Preoccupa, in particolare, il fatto che nel nostro Paese ben i161% degli intervistati consideri il Governo la meno credibile tra le istituzioni del Paese: uno scetticismo assai superiore a quello riscontrato negli altri Paesi avanzati, dove il Governo è ritenuto inaffidabile mediamente dal 42% della popolazione.

Ma a sorpresa, la stessa indagine rivela che il vuoto aperto dalla politica potrebbe essere colmato da un altro soggetto sociale. Il 34% degli italiani, infatti, affiderebbe la gestione del Paese alle aziende (mentre solo l’ 11% confida che questo ruolo possa essere svolto efficacemente dall’esecutivo!). Il fenomeno non è casuale, né episodico. E in atto tra gli italiani un “transfer” di fiducia dalle istituzioni verso i protagonisti dell’economia reale. Perché mentre crolla la fiducia nella politica, cresce costantemente quella nei confronti delle imprese (aumentata del 14% negli ultimi due anni). Ma è bene sapere che questo “transfer” non è incondizionato: aumentano anche le responsabilità attribuite dai cittadini alle aziende come agente positivo di cambiamento, in quanto il 64% delle persone sono convinte che un’impresa possa al tempo stesso fare profitti e migliorare le condizioni della comunità in cui opera. Se la politica non riesce in questa fase a rispondere alle sfide della società complessa e frammentata, dunque, esiste nella percezione dei cittadini-elettori un’alternativa di fatto. Purché dimostri di avere (anche) quella visione dell’interesse collettivo che la politica ha perso.

Di Francesco Delzio/su Avvenire