Solidarietà e competitività, le parole che mancano

In politica le parole sono teoricamente il bene più prezioso. Perché dovrebbero servire non solo a costruire consenso, ma anche (soprattutto) a disegnare un nuovo modello economico e sociale, una visione di sviluppo per la comunità. Ma negli ultimi anni, caratterizzati dal fenomeno esplosivo dell’anti-casta e della crisi profonda del rapporto tra i cittadini e i loro rappresentanti, le parole della politica si sono progressivamente “svalutate”. Sono apparse agli italiani (e ai cittadini di gran parte del mondo avanzato) sempre più vuote, sempre più aliene dalla loro vita quotidiana, sempre più “ostili”. Fino a essere percepite da tanti elettori soltanto come una vecchia e screditata forma di pubblicità: parole cariche di promesse, che non saranno mai mantenute.

Eppure la presenza o l’assenza di una parola dalla campagna elettorale ha ancora un peso. Perché ci indica chiaramente se la questione che essa descrive è considerata centrale dai partiti, se la pubblica opinione è stata in grado di imporla all’attenzione delle élite del Paese, se i cittadini stessi (diventati “produttori di opinione” nell’era dei social media) sono consapevoli della sua importanza. È davvero preoccupante, quindi, che in questa stanca e poco esaltante corsa verso le urne siano mancate due parole decisive per il futuro del nostro Paese come “solidarietà” e “competitività”.

Eppure l’Italia 2018 ha un disperato bisogno di adottare strategie di solidarietà, dopo la Grande Crisi degli anni Duemila che ha aggravato notevolmente le diseguaglianze economiche e sociali: solidarietà tra un Noni sempre più europeo e un Sud sempre più mediterraneo, solidarietà tra la generazione iper-garantita dei baby boomers e quella iper-precarizzata dei millennials immersi nel deserto delle opportunità, solidarietà tra un’élite sempre più ricca e una fascia di poveri e indigenti mai così ampia da decenni. “Competitività” è sicuramente una parola più ostica e meno popolare. Ma racchiude in sé la capacità delle nostre imprese, dei nostri professionisti e perfino della nostra macchina pubblica di sfidare la competizione globale con la forza del Dna italiano. Eppure è stata totalmente ignorata in questi mesi. Non a caso: perché competitività fa rima con competenza e significa, in fondo, essere capaci di rinnovarsi e di mettersi in gioco ogni giorno. Nulla di più faticoso, nulla di più pericoloso da comunicare agli elettori.

Francesco Delzio/Avvenire