Verso il ritorno al ruolo “sovrano” del Parlamento

C’e’ un aspetto molto particolare nel complicato scenario post-voto del 4 marzo, che potrebbe rappresentare la vera “sorpresa istituzionale” nella legislatura appena iniziata. Se e quando le consultazioni quirinalizie produrranno un nuovo governo, si tratterà comunque di un esecutivo di mediazione che (molto probabilmente) sui provvedimenti principali dovrà cercare i voti in Parlamento volta per volta. Mentre la nebbia delle tattiche incrociate e delle ipotesi più fantasiose avvolge ancor oggi la formazione di una maggioranza, quindi, un’unica certezza dovrebbe illuminare ogni analisi: nei prossimi anni ci attende un profondo cambiamento degli assetti di potere tra governo e Parlamento. Perché il pendolo tornerà ad oscillare fortemente in direzione del Parlamento.

Per i cultori della Costituzione dovrebbe essere una buona notizia. La legislatura appena terminata ha registrato infatti due record assoluti, simmetrici e emblematici, da parte dei Governi: quelli dell’uso del voto di fiducia e della decretazione d’urgenza. Basti pensare che quasi 1 legge su 3 delle 354 pubblicate in Gazzetta Ufficiale è passata con un voto di fiducia: secondo Openpolis, il governo Letta ha fatto ricorso alla fiducia mediamente per 1,1 volte al mese, il governo Renzi per 2 volte al mese e infine il governo Gentiloni per 2,58 volte. Un’escalation che ha visto in tutto 107 voti di fiducia. Ugualmente da record, e con la stessa progressione, è stato l’uso dei decreti-legge: l’esecutivo Letta ne ha varati 25, in media 2,5 al mese, quello Renzi 54, ovvero 1,7 al mese, quello Gentiloni 16, ovvero 1,3 al mese. In uno scenario del genere – pur giustificato dalla debolezza politica delle maggioranze e dall’estrema velocità di cambiamento dell’economia e della società – definire ancora quella italiana una Repubblica parlamentare è un azzardo.

Ma il fenomeno è molto più risalente. Abbiamo vissuto, infatti, 25 anni di dominio assoluto del governo e di emarginazione dall’esercizio della funzione legislativa delle Camere, dove i parlamentari sono ridotti a meri “ratificatori” di decisioni prese nelle stanze dei Ministeri. Tutto questo potrebbe essere superato nei prossimi mesi, essenzialmente in virtù del ritorno della legge elettorale a un impianto proporzionale. Nonostante un Parlamento fatto in gran parte di debuttanti di qualità media discutibile, sono convinto che (almeno questa) potrebbe rivelarsi una novità positiva.

Francesco Delzio/Avvenire