I Giovani Imprenditori contro il «gioco dell’oca»

“Chi vince le elezioni ha il diritto di governare il Paese, ma ha anche il dovere morale di non far fare all’Italia il gioco dell’oca”. E il monito, ancor più prezioso all’inizio di una lunga campagna elettorale, lanciato dal presidente Alessio Rossi a nome dei Giovani imprenditori di Confindustria riuniti a Capri per il tradizionale meeting annuale. Perché uno dei grandi vulnus della (fragile) cultura politica italiana è proprio questo: la mancanza di un minimo di «infrastruttura valoriale comune» tra le forze politiche, o in altri termini di etica della responsabilità, che metta al riparo dal variare delle maggioranze politiche ciò che di utile per il Paese ha fatto il Governo uscente. Misurando quest’utilità con la forza dei numeri, non con la triste litania delle promesse. Se dunque il Paese è costretto a “ripassare dal via” dopo ogni elezione politica, gli imprenditori (italiani e stranieri) rischiano di perdere la principale bussola delle loro scelte di investimento: la certezza duratura delle regole e la chiarezza della direzione di marcia di quella comunità. E di perdere anche la speranza, che in fondo anima ogni imprenditore, di essere considerato un elemento “positivo” e trainante della sua comunità. Non ci sarebbe niente di più nefasto.

«Le riforme che stanno portando l’Italia fuori dalla crisi sono un passo avanti da non rimettere in discussione», ha spiegato Rossi. II riferimento è al Jobs Act, che (come ha ricordato di recente l’Ocse) ha generato – piaccia o non piaccia – in combinazione con il taglio dei contributi sulle assunzioni ben 850mila posti di lavoro. Tornare indietro, in nome di presunti “diritti violati” dei giovani lavoratori, vorrebbe dire in realtà togliere a quegli stessi ragazzi molte chance di trovare un’occupazione. Al contrario, per dirla coi Giovani imprenditori, è assolutamente necessario andare «oltre»: confermando la decontribuzione per le nuove assunzioni, costruendo (finalmente) un welfare attivo che spinga i giovani disoccupati a formarsi per avere più opportunità, riformando radicalmente i fallimentari Centri per l’impiego. Distruggere pregiudizialmente ciò che ha realizzato uno schieramento politico concorrente è il modo più facile per vincere una campagna elettorale, perché oggi nelle democrazie occidentali i delusi, gli esclusi e gli arrabbiati superano sempre i soddisfatti, ma è il modo peggiore per governare. E le “cambiali distruttive” staccate in campagna elettorale rischiano di essere pagate, dopo le elezioni, dai cittadini. Lo sta dimostrando con terribile efficacia Donald Trump nella gestione del dopo-Obama. Auguriamoci di non dover assistere ad uno spettacolo simile in Italia.

di Francesco Delzio/su Avvenire