I “virus positivi” dei giovani delle Acli
Nell’era della web immersion e del dominio incontrastato dei social media, la più antica delle esperienze – come confrontarsi dal vivo in una agora fisica – può diventare modernissima. E particolarmente preziosa. E quanto ho vissuto ieri intervenendo all’assemblea nazionale dei giovani delle Acli (“Agora 4.0”, appunto), che hanno delineato con istituzioni ed esperti lo stato dell’arte e le prospettive dei due complessi mondi che sono chiamati ad affrontare ogni giorno, quelli del lavoro e della formazione.
Confesso subito d’aver trovato in questi ragazzi una serie di “virus positivi”. In primis la voglia di riscoprire la forza dello spirito comunitario, contro l’iperindividualismo che ha geneticamente modificato la generazione precedente (i quarantenni di oggi). E poi il desiderio di (pre)occuparsi non solo dei loro problemi ma anche di qualche pezzetto di società, prendendosene cura per migliorarlo. Opzione zero I “virus positivi” dei giovani delle Acli Interessante anche l’approccio di piena e leale collaborazione con le istituzioni, in controtendenza rispetto al tendenziale rifiuto della politica e dei suoi strumenti che sembra pervadere oggi i loro coetanei. A loro ha dato risposte concrete il sottosegretario Vincenzo Spadafora, che a Palazzo Chigi gestisce la delega alle politiche giovanili: il 30 marzo sarà emanato un avviso pubblico per finanziare progetti e idee di natura economica, sociale e culturale dei giovani italiani, che sarà supportato da una campagna di comunicazione che Spadafora ha definito «non convenzionale» (puntando molto sui social media e sui loro giovani protagonisti, gli influencers) e da un tour per la provincia italiana, per cercare di viralizzare (anche fisicamente) le opportunità di questa call for ideas. L’obiettivo finale? Aprire in Italia 100 cantieri che creino opportunità per i nostri ragazzi, su tutto il territorio nazionale. Con un budget a disposizione – 40 milioni di euro, stanziati dalla recente Legge di Bilancio – superiore alle risorse degli anni precedenti e che le accorpa in un unico strumento.
Naturalmente quest’iniziativa non potrà risolvere i gravi deficit strutturali della condizione giovanile in Italia, dall’accesso al lavoro fondato quasi esclusivamente su censo e relazioni familiari – a causa del “fallimento” dei Centri per l’Impiego – alla mancanza di strumenti efficaci per l’orientamento pre e post-universitario. Ma potrebbe aiutare i ragazzi con buone idee (e voglia di metterle in pratica) a “toccare con mano” l’esistenza di un supporto concreto da parte dello Stato. E magari a costruire qualche oasi nel deserto delle opportunità.
Francesco Delzio/Avvenire