Il made in Italy è la nostra identità
Se l’Italia è uscita dalla recessione nel primo trimestre del 2019, nonostante la sfiducia generalizzata che avvolge imprese e consumatori nel nostro Paese, è merito essenzialmente della notevole forza sui mercati internazionali del made in Italy. La capacità di export delle nostre imprese rappresenta un punto di forza tradizionale dell’economia italiana, che l’ipercompetizione dell’era globale non ha cancellato e che diventa ancora più importante in fasi di stagnazione del Pil come quella che stiamo vivendo.
Incrociando i dati Istat con il prezioso report sull’export di Sace e Simest, si può misurare lo stato di salute del nostro export. A febbraio le esportazioni italiane di beni sono aumentate del 3,4% rispetto allo stesso mese del 2018 (la media del primo bimestre è del 3,2%): è un dato molto positivo, in uno scenario caratterizzato dal rallentamento della crescita globale, dall’acuirsi delle tensioni incrociate tra i tre grandi blocchi commerciali (Usa, Cina, Unione Europea) e dall’esplodere di numerose situazioni di crisi a livello regionale. L’export verso Francia e Germania, i principali destinatari del nostro export, cresce senza sosta. Ma le sorprese migliori giungono nei primi mesi del 2019 dai mercati extra-Ue: fanno un balzo in avanti le nostre esportazioni in India (+12,2%) e in Giappone (+10,5%). E continua a muoversi in territorio positivo – meglio delle attese – il nostro export verso la Cina (+2,8%).
Tra gli storici pilastri del made in Italy, mantengono un grande appeal nel mondo tre eccellenze tricolori: food, moda e meccanica strumentale. L’alimentare è protagonista di un rush di successo in Germania, la moda italiana avanza a grandi passi in Cina, la meccanica strumentale (che rappresenta per fatturato il nostro principale settore d’esportazione) fa registrare performance di crescita a doppia cifra in Giappone, India e Stati Uniti.
Nei giorni in cui celebriamo il genio di Leonardo da Vinci – uomo capace al tempo stesso di intuizioni avveniristiche e di “stare sul mercato” del suo tempo, in un contesto molto competitivo di talenti rinascimentali – abbiamo di fronte ai nostri occhi dati e storie che testimoniano che la capacità creativa e produttiva italiana non si è perduta nei secoli. E che, indipendentemente dalle contorsioni interne della politica italiana, il “bello e ben fatto” continua ad essere l’elemento più forte dell’identità italiana percepita nel mondo.
Francesco Delzio/Avvenire