IL PARTITO DEL PIL ORA E’ IN CERCA DELLA PIAZZA Il populismo e l’emarginazione degli imprenditori nel libro di Delzio «La ribellione delle imprese»
«Oggi le ipotesi di una manifestazione di protesta in piazza che unisca imprenditori
e lavoratori, o addirittura di uno sciopero congiunto, sono diventate credibili. Così credibili che sarebbe più giusto chiedersi non più se accadranno o meno. Ma quando». Si chiude così, con una piccola profezia, il pamphlet che Francesco Delzio, manager del gruppo Atlantia e saggista,
ha scritto per l’editore Rubbettino e che ha come titolo «La ribellione delle imprese. In piazza senza Pil e senza partiti».
Oggi in effetti uno sciopero multipiazza in Italia ci sarà, le tute blu metalmeccaniche marceranno da sole ma è l’avversario che nel frattempo è cambiato. Più che contro i padroni sfileranno contro
la politica perché stipulare un contratto è diventato molto più facile che costringere un governo a darsi una coerente politica industriale. La ribellione che Delzio descrive (e auspica) ha un precedente letterario: il bestseller del 1957 della scrittrice americana di origine russa Ayn Rand, «La rivolta di Atlante», in cui descrisse la sollevazione dei prime movers, «tutti coloro che rischiano, innovano,
producono» traduce Delzio e che novelli Atlante decidono di far cadere il globo dalle loro spalle e scioperare. Ma come si giustifica la nuova ribellione dell’anno di grazia 2019? L’autore descrive un imprenditore costretto a vivere la stagione del populismo in una condizione inedita di
emarginazione sociale, obbligato a fare i conti con un PIL che non cresce più e con il trionfo dei partiti che difendono le ragioni della Rendita. È anche la stagione dell’ostilità diffusa verso la cultura industriale, della comunicazione che prende il posto dei fatti, dell’incompetenza di Palazzo e della guerra semantica contro gli imprenditori declassati a prenditori. È l’era Rousseau. In questa condizione per gli uomini d’azienda la via d’uscita sarebbe un dignitoso Aventino, senonché — chiosa Delzio — l’industriale è costretto suo malgrado a votare due volte. La prima come tutti nelle urne, la seconda attraverso le scelte di investimento o di impiego, che può accelerare o rinviare ma la sua decisione corrisponde a un voto sul futuro del Paese. Così davanti ai prime movers italiani si presentano tre strade: fuggire all’estero, chiudere l’impresa o farsi sentire in modo nuovo.
Ed è questo il suggerimento di Delzio: unire il mondo della produzione contro quello della rendita e marciare a fianco di sindacalisti e lavoratori. Per chiudere vale la pena sottolineare l’inatteso endorsement dell’autore a Maurizio Landini («ha la forza e le caratteristiche per svolgere una missione preziosa») e buttar lì un interrogativo. Ma Atlante saprà sottrarsi all’Opa lanciata da Matteo Salvini sul partito del Pil?
Dario Di Vico/ Corriere della Sera