II 66% degli italiani oggi non avrebbe grande fiducia nella dinamica democratica. Chi si occupa della cosa pubblica deve riflettere
Bisogna ammettere che gli italiani non sono oggi conosciuti e (ri)conosciuti nel mondo per il loro senso civico e per i valori collettivi che esprimono, l’individualismo “creativo” è considerato l’elemento fondante del nostro Dna. Ma la più recente indagine Ipsos sul grado di civismo di tutti noi ha fatto emergere un dato-choc che dovrebbe costringerci a una profondissima riflessione: il 66% degli italiani, oggi, penserebbe che la democrazia non sia più uno strumento valido. E che sia necessario cercare alternative. Per le generazioni nate e cresciute dopo la Seconda Guerra Mondiale, si tratta – si tratterebbe – di una novità preoccupante.
La delusione stratificata nei confronti della politica, la rabbia sociale determinata dalla sua incapacità di parlare “con” i cittadini e “dei” cittadini, il sentimento anti-casta starebbero soverchiando i valori su cui si è fondata la Repubblica. Ma non basta. A leggere con attenzione il report dell’istituto guidato da Nando Pagnoncelli, si scoprono nel nostro Paese fenomeni ancor più ampi e profondi di iper-individualismo e di iper-familismo: gli italiani mostrano oggi una radicale sfiducia nei confronti di tutto ciò che esula da se stessi e dal proprio guscio familiare. E se non sorprende che la fiducia complessiva nelle istituzioni si sia ridotta al 21%, contro il 33% del 2004, colpisce invece che solo il 37% degli italiani oggi dichiari di avere fiducia negli altri (contro il 46% del 2004). In questo fenomeno di ripiegamento “difensivo”, ha naturalmente un ruolo determinante (in negativo) la classe dirigente: solo il 14% ritiene che sia di esempio per rafforzare il senso civico della nostra gente.
Di fronte a questi dati, chiunque si occupi della cosa pubblica oggi in Italia o voglia farlo in futuro dovrebbe chiedersi seriamente chi e cosa sta rappresentando: se rappresenta interessi collettivi o squisitamente individuali, se risponde alle istanze dei cittadini o si limita ad elaborare proprie teorie sganciate dalla realtà. E dovrebbe considerare l’incontro con i cittadini, con le imprese, con le organizzazioni di rappresentanza come la missione fondamentale del suo agire quotidiano (non solo in campagna elettorale). Per tornare ad ascoltare il “respiro del Paese”.
Francesco Delzio/Avvenire