Più occupati e riciclo per costruire la nuova Ue

In quale Europa vivranno (realmente) i nostri figli? Per assistere in modo più consapevole alla lunga e “calda” campagna per l’elezione del nuovo Parlamento europeo, è utile fare un esercizio rarissimo nel nostro Paese: un salto in avanti nel tempo, capace di proiettarci nel futuro (prevedibile) del Vecchio Continente tra 40 anni. Ce lo consente il rapporto dell’Ocse ‘The long view: scenarios for the world economy to 2060’; che nell’ottobre scorso ha aggiornato le proiezioni economiche e sociali di 46 Paesi del pianeta da qui al 2060.

La fotografia di ciò che sarà il mondo tra 40 anni non lascia spazio a interpretazioni. L’analisi Ocse rivela che, al proseguire delle tendenze attuali, nei prossimi anni la crescita del Pil globale continuerà a rallentare, passando dall’attuale 3,5% a12% nel 2060, ma anche che il baricentro economico del globo si sposterà decisamente verso Oriente. Nel 2060 Cina e India saranno di gran lunga la prima e la seconda economia del pianeta, facendo un balzo in avanti che porterà loro a rappresentare rispettivamente il 28% (contro l’attuale 17%) e il 18% (contro l’attuale 7%) del Pil mondiale. Soltanto gli Stati Uniti “resisteranno”ai rivali riuscendo a conservare il terzo posto (e passando dal 23% al 17% del Pil planetario), mentre l’Unione Europea sarà costretta a ridurre drasticamente il suo peso nello scacchiere internazionale, passando dal 17% al 9% del Pil mondiale, anche a causa del più rapido invecchiamento della popolazione. Attenzione: si tratta però – come sempre negli scenari probabilistici – di una proiezione “business as usual” ovvero stimata in assenza di riforme. I risultati si basano infatti sul presupposto che i Paesi analizzati non cambino le loro politiche economiche, industriali e sociali e che quindi la loro traiettoria di sviluppo sia assolutamente coerente con la situazione attuale. Secondo gli esperti dell’Ocse, il quadro potrebbe invece cambiare notevolmente se l’Ue promuovesse un set mirato di riforme per favorire l’occupazione di giovani e donne, favorendo le assunzioni dei nostri ragazzi e la conciliazione maternità-lavoro, per moltiplicare gli investimenti in ricerca e innovazione rafforzando la produttività, per sviluppare un’economia circolare che si basi sul riciclo dei materiali (si tratta del settore che nei prossimi decenni avrà il più alto tasso di crescita a livello globale) e sull’abbattimento del consumo del suolo.

Sono questi i temi su cui – in un mondo razionale – dovrebbe basarsi la campagna elettorale per la nuova Europa delle istituzioni. Con un “salto” che ci avvicini alle migliori politiche dei giganti del FarWest e del Far East, saremmo ancora in tempo per modificare il destino già scritto del Vecchio Continente. Ma ne siamo consapevoli?

Francesco Delzio/Avvenire